Michele Nigro

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giovedì, maggio 07, 2009

Cut-up burroughsiano applicato a "La pulizia degli spazi"

"La pulizia degli spazi"

(Space Cleaning)


Finisce un’epoca e ne comincia una nuova. O forse vogliamo illuderci che sarà così… Si gettano le cose vecchie e inutili, si ridipingono le stanze con colori nuovi, si seppelliscono i nuovi morti… Si disseppelliscono quelli vecchi solo per accorgersi che non sono ancora stati consumati dal tempo. Il sepolto ridiventa attuale; il consueto appassisce sotto il cocente sole dell’ovvietà giornaliera. La primavera assume nuove forme speranzosamente macabre e il bisogno di rinnovamento si manifesta in mille (strani) modi. Cambiamento, movimento, mutamento, evoluzione, pulizia, liberazione, leggerezza, novità, perdita, rivoluzione, rinnovamento, soddisfacente stanchezza, necessario abbandono, revisione degli atteggiamenti, riscoperta di legami e di storie personali, accademici comunicati che annunciano la fine di un percorso mai realmente iniziato… crisi dinamica e costruttiva. Per imparare a vedere, sempre e comunque, il bicchiere mezzo pieno! “…Mi piacciono le scelte radicali, la morte consapevole che si autoimpose Socrate…” – mi suggerisce un vecchio maestro. Il rullo intriso del pittore sul muro stanco gira come la Ruota di preghiera di un monastero buddista. Accompagnati da un mantra che prende vita dall’attrito e dall’eco proveniente da nuovi spazi conquistati, ci accorgiamo che siamo prigionieri del superfluo e che un giorno la morte ci strapperà via il verbo “avere” senza chiederci il permesso. Lo “space cleaning” e l’elogio dell’iconoclastia diventano gli strumenti necessari della crisi. Necessaria è la distruzione delle immagini inflazionate e appartenenti al proprio vissuto quotidiano: per fare spazio alle nuove immagini provenienti dal “passato che conta” e per ripulire l’onda emotiva e morale in vista di significative azioni future. Segnare il passo, salire un altro gradino spazio-temporale (l’ennesimo), dimenticare le abitudini stagnanti… L’epoca “pubblica” della vita, fatta di vane glorie, squallide apparizioni, presenzialismo culturale, approcci cartacei forzati e meschini, cede il passo allo studio personale, al silenzio, alla lontananza dai meccanismi commerciali, alle nuove e per troppo tempo trascurate letture. Letture di vita e di libri comprati e snobbati. Il bisogno di essenzialità nella vita si coniuga ad un maggiore bisogno di “space cleaning” culturale e architettonico. Rimuovere polvere e anticaglie; aggiustare il tiro; “fare finta di essere sani”; concedersi nuove insospettabili possibilità; ristabilire le distanze tra la quantità e la qualità; fare leva sull’ordine esterno per ristabilire nuovi ordini interiori; “anche l’occhio vuole la sua parte”… Ricominciare. Agire nella retroguardia per determinare l’esito della battaglia e forse dell’intera guerra.


Ho stampato "La pulizia degli spazi", l'ho piegata longitudinalmente e trasversalmente e ho ricavato (tagliandoli) 4 quadranti che ho poi disposto in maniera quasi casuale per ottenere un nuovo testo (vedi immagine). Questa è la forma più semplice di "cut-up" burroughsiano applicabile a un testo. La complessità delle suddivisioni del testo potrebbe aumentare.

Segue il risultato.



Nuova.

O forse vogliamo illuderci che strapperà via il verbo “avere” senza “e” inutili, si ridipingono le stanze con cleaning e l’elogio degli iconoclastici morti… Si disseppelliscono quelli della crisi. Necessaria è la distruzione, sono ancora stati consumati dal tempo.

Appartenenti al proprio vissuto, quieto appassisce sotto il cocente sole. Immagini provenienti dalla passata primavera che assume nuove forme e la morale in vista di significative azioni di rinnovamento si manifesta in un altro gradino spazio-temporale (l’e-movimento, mutamento, evoluzione, stagnanti…)

L’epoca “pubblica” della perdita, rivoluzione, rinnovamento, apparizioni, presenzialismo culturale, abbandono, revisione, cede il passo allo studio personale e di storie personali, accademici meccanismi commerciali, al nuovo percorso mai realmente iniziato… Lettura di vita e di libri comprati e che son rari a vedere, sempre e comunque. La vita si coniuga ad un maggior bisogno di scelte radicali, la morte architettonica. “Rimuovere polvere e rate” – mi suggerisce un vecchio che fa finta di essere sano; concedersi un nuovo muro stanco che gira come la Ruota delle distanze tra la quantità e la qualità. Accompagnati da un mantra che ristabilisce nuovi ordini interiori; niente da nuovi spazi conquistati. Ricominciare.

Agire nella retroguardia superflua e un giorno la morte ci battaglia. E forse dell’intera guerra.

Finisce un’epoca e ne comincia una… Chiederci il permesso. Lo space sarà così… Si gettano le cose vecchie e diventano strumenti necessari i colori nuovi, si seppelliscono i nuovi ioni delle immagini inflazionate e i vecchi solo per accorgersi che non studiano: per fare spazio alle nuove.

Il sepolto ridiventa attuale; il consueto conta e per ripulire l’onda emotiva dell’ovvietà giornaliera la poni in futuro. Segnare il passo, salire speranzosamente macabri e il bisognesimo, dimenticare le abitudini in mille (strani) modi.

Cambiamento, la vita fatta di vane glorie, squallida pulizia, liberazione, leggerezza, novità, approcci cartacei forzati e meschini, soddisfacente stanchezza, necessario al silenzio, alla lontananza dagli atteggiamenti, riscoperta di legami e per troppo tempo trascurate letture.

Comunicati che annunciano la fine di oblati. Il bisogno di essenzialità nella crisi dinamica e costruttiva. Per impegno di “space cleaning” culturale e bicchiere mezzo pieno!

Miopia; anticaglie; aggiustare il tiro; il fare consapevole che si autoimpose Socr e insospettabili possibilità; ristabilire il maestro.

Il rullo intriso del pittore sutà; fare leva sull’ordine esterno per preghiera di un monastero buddista… che l’occhio vuole la sua parte…

Prende vita dall’attrito e dall’eco di proverbia, per determinare l’esito ci accorgiamo che siamo prigionieri…



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