La poesia e il gioco filosofico secondo Apostolou

Il concetto dell'intermedio o di insieme è forse la causa del pericolo, la causa della maschera, del gioco, del luogo intermedio (legge oppure insieme) ossia della cultura, (secondo lo psicanalista Winnicott) della poesia (secondo Platone e Nietzsche). E questo perché come dice il Nietzsche per un poeta autentico la metafora è un immagine, un concetto e quello che vede il poeta è uno spettacolo che costituisce una rappresentazione teatrale dove le parole diventano maschere. Però non come il gioco, come terapia che perde il suo taglio di inversione e del quale gli estremi sono definiti in una via di uscita sicura, (come sostiene F.Faun) ma un gioco con tutti i rischi. Il gioco è sinonimo del Questo (Cela) - Quello (Id) che può essere paragonato con l'inconscio. È aperto sul luogo/tempo delle risposte. E come dice K. Axelos il gioco non è un predicamento del mondo, il gioco gioca il mondo. (Sul gioco in filosofia hanno parlato M. Heidegger, E. Fink, J. Granier, K. Axelos, J. Derrida). Il gioco conosce ogni comportamento nostalgico e reattivo, soffoca all'interno dei suoi stessi limiti, ogni opportunismo semplice e pulito perde tempo, ogni opportunismo scuro, o sopraccarico rimane piano e monolineare, mentre alle grandi domande non possiamo che rispondere senza poter rispondere. Non vede la vita come un labirinto di supplementi o sostituti (la vita come supplemento per ricordare Derrida) né una funzione dell'ellipse/desiderio, (secondo la psicanalisi) che crea la metafisica della diaspora.
Poesia e filosofia del gioco, sono vicini senza che sia tuttavia stabilito che siano deducibili e spiegabili insieme. La poesia da alle cose un nuovo nome, ma anche la filosofia del gioco lo fa, ribattezza le cose. Il poeta impara la dimissione, ci dirà Stefan Georg, nel poema con titolo "Das Wort", un poema che si distingue dal pensiero di M. Heidegger. Ma questo succede anche con il gioco filosofico che si esprime come un sistema aperto e ci impedisce di giocare senza giocare, (K. Axelos) [2] visto che è aperto e insicuro e impone la dimissione rispetto a qualcosa che succede. Tuttavia tramite tutte le negazioni, sorge un'affermazione. (La dimissione non è che il tutto per quel che si perde e la nuova nomenclatura il familiarizzarsi di uno sguardo nuovo oppure il riconoscimento della conoscenza secondo le teorie psicanalitiche e psicoterapeutiche). Così l'assoluta impasse senza uscita, il rischio esistenziale, l'insicurezza totale, l'esclusione multidimensionale, in una parola, il vuoto assoluto: questa utopia della fisica ridotta da noi stessi a una realtà quotidiana, costituisce una sfida. Saremo all'altezza simultaneamente alla corrente sotterranea che si muove all'ombra nello spazio-tempo e all'orizzonte degli orizzonti lontani che ci procura le sue luci, in fine questa è la scommessa dell'uomo.
Il gioco filosofico organizza, se possibile, un pensiero interrogativo che non sia né scientifico, cioè funzionale, né psicanalitico ossia narrativa e teoria delle proiezioni, né micro-costruzioni sociologiche ossia ideologie prosaiche. La poesia ci dirà che la nostra epoca non ci appartiene, come una proprietà nostra, ma invece che siamo noi che apparteniamo ad essa come se fossimo suoi figli, in un'apertura culturale. [3] Per questo dobbiamo essere aperti al fascino del tutto-nulla provando sia il tutto che il nulla.
[1] Ci sono miei saggi pubblicabili in italiano come “La pratica filosofica come poeticità del mondo”, “Poeticità e Psicanalisi”, ecc.
[2] K. Axelos Systemattique ouverte, Paris, Editions de Minuit 1984, Problemes de l'enjeu, Paris Ed. de Minuit 1979, Le jeu du monde Paris, Ed. Minuit, 1969.
[3] La poesia, la natura è registrazione dei sentimenti. Vede in altre parole l'uomo come “possibile essere”, cioè come lui esiste nella decentralizzazione, nell'inizio dell'incertezza, come volontà che non è, per questo l'uomo rimane un divenire aperto (ecco una nuova proposta con un significato analitico).

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